Carlo Maurilio Lerici (Ing. Carlo Maurilio Lerici Foundation Archives, Rome, Italy)
Carlo Maurilio Lerici (Verona 1890 – Roma 1981) si laurea in ingegneria industriale nel 1913 presso il Politecnico di Torino e, dal 1920, per ben trentacinque anni, lavora nel settore dell’industria siderurgica, accumulando un cospicuo patrimonio personale, forse anche grazie agli introiti generati dalla vendita di acciaio durante la seconda guerra mondiale. Nel 1927 incontra a Berlino l’impresario e uomo d’affari Axel Ax:son Johnson e inizia a collaborare con le maggiori aziende del comparto metallurgico in Svezia, paese a cui rimarrà legato per il resto della vita. Parallelamente, nel segno di un acceso interesse per le discipline umanistiche, fonda a Milano la casa editrice omonima, che rimarrà attiva fino al 1967.
Vent’anni più tardi, in seguito alla creazione della “Rivista Geomineraria”, poi ridenominata “Quaderni di Geofisica Applicata”, Lerici fonda a Milano l’Istituto di Geofisica Applicata, già Centro di Prospezioni Geominerarie, dando inizio all’“avventura più affascinante della mia vita”: esplorare il sottosuolo utilizzando la geofisica. La fondazione, che sin dal ’47 porta il nome del mecenate, ha dato un contributo fondamentale all’archeologia, avviando un approccio del tutto nuovo tramite l’uso di metodi diagnostici non invasivi per la localizzazione e il riconoscimento di strutture archeologiche sepolte. Servendosi di tecniche di prospezione basate sull’impiego di georadar, la fondazione, prima al mondo a usare tale metodo, ha consentito di individuare le celebri tombe dipinte nella necropoli etrusca dei Monterozzi a Tarquinia (Viterbo). L’importanza delle attività svolte nel corso degli anni successivi sia in Italia che all’estero – 17 i progetti in Asia, 14 in Europa, 10 in Medio Oriente, 2 in Africa e 2 in Sudamerica – è tale da meritare il riconoscimento dell’UNESCO, che a partire dal 1988 sceglie la fondazione come ente preposto alle indagini mirate all’identificazione di aree considerate a rischio archeologico.
Nel 1952 Lerici promuove e sponsorizza dapprima una “Settimana svedese” a Roma, e successivamente una “Mostra del Libro Italiano” a Stoccolma, presso Östermans marmorhallar, e a Göteborg, presso Röhsska museet, eventi che seguono di due anni la “Mostra del Libro Svedese”, ospitata nel 1950 alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Nel frattempo, nella capitale svedese, viene avviata la costruzione della nuova sede dell’Istituto Italiano di Cultura, fino ad allora ospitato in un appartamento preso in affitto in Linnégatan 15, nel quartiere di Östermalm, e votato principalmente all’insegnamento della lingua italiana. Il progetto, a cura di Gio Ponti in collaborazione con Ture Wennerholm e Pier Luigi Nervi, è reso possibile proprio grazie a un cospicuo finanziamento dello stesso Lerici (1.1 milioni di corone su un totale di 1.5 milioni, 15 milioni con il cambio attuale). Pare che fra l’impresario-mecenate e il noto architetto nasca un rapporto di amicizia e profonda stima quando il secondo si reca in Svezia per visitare due mostre dedicate al design italiano. La casa della cultura italiana, inaugurata nel 1958 alla presenza del re Gustavo VI Adolfo, con cui Lerici vantava peraltro un invidiabile rapporto di amicizia, è ancora oggi un attivo ponte tra Italia e Svezia.
L’anno precedente, dopo aver ricevuto a Milano una laurea ad honorem in ingegneria civile, Lerici istituisce una seconda fondazione, questa volta con sede nella capitale svedese e direttamente legata all’IIC, con l’obiettivo di sostenere giovani italiani e svedesi nei loro progetti di ricerca. La fondazione eroga quattro tipologie differenti di borse di studio:
- per soggiorni di ricerca in Svezia o in Italia,
- per frequentare corsi offerti in Svezia o in Italia,
- per organizzare workshop e corsi presso istituzioni e università svedesi e italiane,
- per finanziare traduzioni letterarie dallo svedese all’italiano e viceversa.
Tra i nomi noti ad aver ricevuto una borsa Lerici spicca quello di Sven Stolpe, scrittore, traduttore, giornalista e docente svedese che nel 1958 si reca a Roma per condurre le proprie ricerche sulla regina Cristina di Svezia (Stoccolma 1626 – Roma 1689), che qui ha trascorso diversi anni dopo l’abdicazione, avvenuta nel 1654, in favore del cugino Carlo Gustavo, conosciuto come re Carlo X.