Gio Ponti a Stoccolma (Archivio fotografico dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma)
Gio Ponti (Milano 1891 – Milano 1979) è stato un grande architetto e primo Maestro del design italiano. Già nel 1923 nasce con lui il ruolo di art director, ovvero del progettista e creativo, dotato di tale cultura e sensibilità da poter svolgere consulenze efficaci per la nascente produzione industriale. Egli ha saputo combinare imprevedibilità e classicità, mediando tra modernità e tradizione. La sua opera, smisurata e ininterrotta nell’arco di più di 50 anni, comprende progetti architettonici pubblici e dimore private divenute leggendarie, tra cui Villa Bouilhet (Garches, Francia, 1926), Villa Marchesano (Bordighera, Imperia, 1938), Villa Tataru (Cluj, Romania, 1938) e Villa Planchart (Caracas, Venezuela, 1953-57). Ha fondato due riviste, Domus (1928) e Stile (1941), centrali nella promozione della cultura del design e dell’architettura moderna, in Italia e all’estero.
Ponti si laurea in architettura presso il Politecnico di Milano nel 1921. Nello stesso anno sposa Giulia Vimercati, da cui avrà quattro figli, e apre uno studio assieme agli architetti Mino Fiocchi ed Emilio Lancia, collaborazione che terminerà dodici anni dopo. Nel 1923 partecipa, in qualità di designer presso l’industria ceramica Richard Ginori, alla Prima Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza. Le sue ceramiche gli varranno il Grand Prix all’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi del 1925. In quegli anni, la produzione di Ponti è perlopiù legata ai temi classici, temi che esplora fin dal suo rientro a Milano dopo la fine della prima guerra mondiale. Del 1928 è la già citata rivista Domus, che dirigerà praticamente ininterrottamente fino alla morte (con la sola eccezione del periodo 1941-1948). Dal 1930 viene coinvolto nelle Triennali di Milano, forse la più importante istituzione culturale del capoluogo lombardo. Nel 1952 nasce lo Studio Ponti, Fornaroli, Rosselli. Viene elaborata la teoria della ”forma finita” che coinvolgerà d’ora in poi tutti i livelli della progettazione delle opere pontiane: dagli arredi, con l’ideazione delle “pareti organizzate” alle grandi architetture, di cui la forma “a diamante” è il codice.
Risale al 1956 il Grattacielo Pirelli a Milano. L’anno successivo pubblica Amate l’architettura, pensato per essere una «piccola architettura da tasca» e dove confluiscono in forma aforistica i risultati delle sue esperienze nel suo studio, nei cantieri, nelle redazioni delle sue riviste, in giro per le città italiane e di tutto il mondo. Contemporaneamente progetta la casa al civico 49 di Via Dezza, dove risiederà per il resto della vita.
In questo stesso periodo e dopo aver incontrato l’impresario Carlo Maurilio Lerici a Stoccolma, Ponti lavora alla nuova sede dell’Istituto Italiano di Cultura, successivamente inaugurata nel 1958. L’Istituto costituisce oggi uno dei pochi esempi completi del design e del linguaggio architettonico pontiano. La firma di Ponti è infatti impressa non soltanto sull’affusolatissimo edificio principale e sull’annesso Auditorium a diamante, ma anche sull’arredo, dalle sedie Leggere e Superleggere ai tavoli, dai divani alle poltrone, dalla parete attrezzata ai cruscotti, dalle maniglie delle porte ai quadri luminosi.
Ancora attivo alla veneranda età di ottant’anni, Ponti realizza opere memorabili quali la Concattedrale di Taranto (1970) ed il Denver Art Museum. Morirà il 16 settembre 1979, dopo una lunghissima e floridissima carriera.
Gio Ponti Archives, ospitata nell’edificio che è stato lo studio e la dimora di Ponti e gestita dal nipote Salvatore Licitra, è una banca dati che raccoglie materiali fotografici provenienti dallo studio dell’architetto milanese nonché dal suo epistolario, composto da quasi centomila lettere scritte e ricevute tra il 1923 e il 1979. Una sezione è dedicata anche al negozio virtuale ufficiale, dove si possono acquistare mobili, lampade, ceramiche e tessuti, pezzi iconici del design moderno dal valore inestimabile.