Stretch Art Beyond the Limit of Architecture. Contemporary art on Gio Ponti’s Italian Cultural Institute in Stockholm testimonia le esperienze artistiche di Bianco-Valente, Mariangela Levita e Monica Bonvicini succedutesi dal 2018 al 2021 sulla facciata delle prestigiosa architettura di Gio Ponti a Stoccolma, sede dell’Istituto Italiano di Cultura. Chiamati a intervenire, se non a interpretare il corpo e l’anima di questo edificio, gli artisti, ognuno con il proprio modus operandi, hanno realizzato un’opera sull’opera, modificandone la percezione, superando “i limiti dell’architettura”.
NON È IL CEMENTO, NON È IL LEGNO, NON È LA PIETRA, NON È L’ACCIAIO, NON È IL VETRO L’ELEMENTO PIÙ RESISTENTE. IL MATERIALE PIU RESISTENTE NELL’EDILIZIA È L’ARTE.
– Gio Ponti
Prefazione di Maria Sica (Direttrice dell’IIC Stoccolma 2018-21)
L’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma è un luogo semplicemente magico, uno spazio in cui audacia e genialità hanno trovato espressione concreta attraverso quel sentimento operoso di “felicità edilizia”, così come lo definì il suo progettista. Regnano il colore, l’eleganza armoniosa delle forme e si avverte subito che a definirne gli spazi e crearne l’atmosfera è stato più che un architetto un artista, impegnato a realizzare vere e proprie “azioni per l’arte” che hanno superato i limiti imposti dal cavalletto e dalla tela ma anche quelli del tavolo da disegno dell’architetto. Accettando il confronto con questo spazio accattivante, esteticamente raffinato e colto, gli artisti che abbiamo chiamato a partecipare al gioco pontiano della modernità sono approdati a nuove e audaci invenzioni che hanno guidato lo sguardo verso prospettive ampie e inaspettate. L’ipotesi di una trilogia che si integrasse con l’architettura-cristallo di Gio Ponti, divenuta la tela in tre dimensioni su cui “dipingere” una nuova avventura creativa, è scaturita dal colpo di fulmine che si è innescato sin dai primi momenti del mio insediamento, è un’opera d’arte totale, un luogo movimentato in cui il passato e il presente si incontrano nell’intuizione del futuro, qui i diversi linguaggi visivi dialogano e danzano insieme, con qualche accenno freestyle, riconoscibile qua e là, che si riannoda a fenomeni culturali coevi e si materializza spesso attraverso la maestria dell’artigianato industriale italiano. A ogni tempo la sua arte, a ogni arte la sua libertà! In questo luogo da 63 anni si respira un vento leggero e gentile, un’aria d’Italia, come Ponti la definiva, fresca, leggera e frizzante, ascoltando il genius loci che connota questo luogo ed è proiettato verso la ricerca di una creatività che non accetta limiti né confini. È quasi impossibile sfuggire a questa energia vitale, a questa domanda che emerge nei mille dettagli che definiscono i singoli ambienti, dall’attenzione evidente fin nei più piccoli particolari e che testimonia la passione inafferrabile di chi lo ha progettato e che vi ha intessuto una rete invisibile di rapporti tra spazio, colore e volumi che determinano la consonanza perfetta tra ambienti e destinazione d’uso.
Gli artisti invitati in questi tre anni hanno tutti risposto senza esitazione e avviando con l’edificio di Ponti una mutua comunicazione solo in apparenza silenziosa, ma in realtà sempre animata e vitale. Gio Ponti è stato il regista che ha offerto agli artisti l’occasione per inserire nuovi episodi creativi poi perfettamente integratisi nel corpo di fabbrica da lui progettato e arredato. Bianco-Valente, Mariangela Levita, Monica Bonvicini, artisti dagli argomenti solidi, che da questo confronto sono usciti forti, ricchi della loro personalità che nei lunghi inverni svedesi, in cui le loro installazioni sono state realizzate, hanno illuminato con le loro opere la nostra sede di una luce nuova. Sì, la luce, che è stata il comune denominatore del ciclo di lavori che dal 2018 al 2020 ha aperto a nuove prospettive l’edificio che da 63 anni esibisce il suo multiforme profilo, la sua stazza da transatlantico pronto al varo, che si distende nel quartiere diplomatico della città, a ridosso del porto e della distesa erbosa della tenuta reale di Djurgården. Questa sequenza triennale ha restituito all’Istituto una spinta di vitalità e modernità nel suo ruolo e nella sua funzione di presentare all’estero il volto di un Paese in divenire, immerso nella contemporaneità e mai nostalgico così come non lo fu mai Gio Ponti, promotore di un’idea di progresso che proiettava in avanti suo sguardo e coniugava classicità e modernità, tradizione e innovazione, artigianato e industria. Il mio apprezzamento, congiunto a un ringraziamento personale e sincero, va ad Adriana Rispoli, con la quale ho condiviso l’entusiasmo per un progetto di arte contemporanea che trovasse il suo luogo di attuazione in un’architettura che riassume in sé i principi della modernità. Adriana Rispoli ha curato con professionalità impeccabile e profonda passione l’intera trilogia interpretando alla perfezione la committenza che le è stata affidata. Sono riconoscente a voi, artisti. Pino (Valente) e Giovanna (Bianco), Mariangela (Levita), Monica (Bonvicini), compagni di questo straordinario viaggio in cui ci avete dato modo di superare il limite della nostra visione fornendoci nuovi strumenti per intercettare il presente. Gli artisti precedono il branco, diceva Jean Renoir, e voi ci avete condotto verso “lo splendore del futuro… quello per il quale soltanto noi operiamo, perché eguagli lo splendore del passato nel quale non possiamo farci nulla” (da Gio Ponti, Amate l’architettura, Rizzoli, 1957).
Le installazioni
Bianco-Valente
Relational, 2018, cavi elettroluminescenti.
Mariangela Levita
Tutto., 2019, film color.
Monica Bonvicini
Power Joy Humor Resistance, 2020, lettere in neon rosso, alluminio, cornici, cavi elettrici.
La copertina
Il volume è in vendita presso l’Istituto (Gärdesgatan 14, Stoccolma) e a questo link.