Questo sito utilizza cookies tecnici (necessari) e analitici.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookies.

Dante – proiezione del film di Pupi Avati

foto-dante-12-low

Concludiamo l’anno con la proiezione del film Dante (2022) di Pupi Avati, lunedì 18 dicembre alle ore 17 presso l’auditorium del nostro Istituto. Il film narra la storia di Dante attraverso gli occhi di Boccaccio, e nasce da una ricerca filologica e storica intensa da parte del regista. La proiezione del film a Stoccolma si inserisce in un progetto che coinvolge diversi Istituti Italiani di Cultura.

 

SINOSSI

Settembre 1350. Giovanni Boccaccio viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice, figlia di Dante Alighieri, monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Dante è morto in esilio nel 1321 mentre la sua fama, grazie alla divulgazione della Commedia, si è diffusa ovunque. Gli ultimi suoi vent’anni sono stati terribili, in continua fuga, cercando ospitalità presso le varie corti, con una condanna al rogo e alla decapitazione inflitta sia a lui che ai suoi figli maschi fuggiti a loro volta da Firenze. Intanto nel capoluogo toscano gli equilibri di potere sono profondamente mutati e la città cerca una riappacificazione, seppure postuma, con un concittadino di tale valore. I dieci fiorini sarebbero il risarcimento simbolico per la confisca dei beni e per la condanna ad essere arso vivo e decapitato decretata ormai quasi mezzo secolo prima dal comune fiorentino. Contro quella parte del mondo ecclesiale che considera la Commedia opera diabolica, Giovanni Boccaccio accetta quest’incarico nella convinzione di poter svolgere un’indagine su Dante che gli permetta di narrarne la vicenda umana e le ingiustizie patite. Nel suo lungo viaggio Boccaccio oltre alla figlia incontrerà chi, negli ultimi anni dell’esilio ravennate, diede riparo e offrì accoglienza e chi, al contrario, respinse e mise in fuga l’esule. Ripercorrendo da Firenze a Ravenna una parte di quello che fu il tragitto di Dante, sostando negli stessi conventi, negli stessi borghi, negli stessi castelli, nello spalancarsi delle stesse biblioteche, nelle domande che pone e nelle risposte che ottiene, Boccaccio ricostruisce la vicenda umana di Dante, fino a poterci narrare la sua intera storia.

 

A farmi intravedere la possibilità di raccontare quell’essere umano ineffabile che è stato l’Alighieri è stata la scoperta della missione di Giovanni Boccaccio nel 1350: quella di portare a Ravenna, alla figlia di Dante, una borsa di dieci fiorini per risarcirla del tanto male che i fiorentini avevano fatto a suo padre. La gran parte della mia narrazione la debbo quindi allo stesso Boccaccio che di Dante fu biografo e appassionato divulgatore. Il resto è invece frutto di congetture e suggestioni che mi provengono da un ventennio di disparate letture, in una continua consultazione degli esimi dantisti. Nella realtà Dante era entrato nella mia vita dapprima attraverso la lettura di cronisti a lui coevi (Villani, Vellluti, Compagni ecc) e dei tanti saggi e le tante biografie accademiche e non. Furono quelle letture a convincermi di come fosse lasciata sul fondo, sfocatissima, la sua umanità, seppure così esplicita… Più o meno in quegli anni lessi “La Vita Nova”, quel prosimetro d’amore che Dante ventenne si trovò a scrivere all’indomani della morte di Beatrice Portinari. Sufficiente a far sì che mi riconoscessi nella gran parte delle emozioni di quel giovane remoto, facessi mio il tentativo di tenere in vita, attraverso la sublimità della poesia, quell’essere celestiale che fu per lui Beatrice Portinari. Poesia il cui appalesarsi avviene in Dante attraverso la sublimazione del dolore: la perdita della madre nella sua infanzia, la morte di Beatrice nella sua giovinezza, la condanna all’esilio del migliore dei suoi amici, nell’età adulta, l’ingiusta dannazione, estesa ai suoi figli, nella maturità. È la conferma di quanto il dolore promuova l’essere umano a una più alta conoscenza.

Pupi Avati

 

Pupi Avati (Bologna, 1938) ha esordito come regista nel 1968 con Balsamus, l’uomo di Satana. Ha avuto una carriera molto produttiva con al suo attivo oltre 50 film e serie TV. I suoi film hanno vinto a più volte il Nastro d’Argento, il David di Donatello. Il film Il testimone dello sposo (1997) è stato nominato ai Golden Globe, agli Oscar, al Berlin Film Festival e ha vinto il Primo Premio al Festival di Belgrado del 2000. I suoi film sono stati proiettati e premiati ad alcuni dei festival cinematografici principali, tra i quali il Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e il Festival di Cannes.

Prenotazione non più disponibile