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LANDSCAPES, MEMORIES AND NATIONS

Ciclo di incontri tra storia ambientale e environmental humanities

CLIMA, SUOLO, PAESAGGIO: COME FERMARE LA CORSA AL PRECIPIZIOLUCA MERCALLI, President of the Italian Meteorological Society7 Settembre ore 18:00CAN HUMANISTS SAVE THE WORLD?Tavola rotonda (in inglese) con: Sverker Sörlin, professore di storia ambientale al KTH Royal Institute of technology, Marco Armiero, Direttore del KTH Environmental Humanities laboratory. Coordina: Björn Wiman Capo Redattore Cultura del Dagens Nyheter6 Ottobre, ore 18:00CITTÀ. MEMORIE DI CONFLITTI E CONFLITTI DI MEMORIE (in inglese) FEDERICA GIARDINI, docente di Filosofia politica, Università di Roma 3,9 Novembre, ore 18:00 VIAGGIO  SULLE LINEE DEL FRONTE DELLA GRANDE GUERRAPAOLO RUMIZ, scrittore e giornalista8 dicembre, ore 18:00Paesaggi, memorie e nazioni. Paesaggio è per definizione un concetto, o se preferite, uno spazio ibrido. Non ha la pretesa scientista dell’ecosistema ma neppure il carattere onnicomprensivo dell’ambiente. Il paesaggio è forse il più “umanista” dei possibili nomi che diamo al mondo in cui viviamo. Non a caso paesaggio implica la presenza di un/a osservatore/trice, di chi guarda; è praticamente nello stesso atto di osservare che si crea il paesaggio. Tuttavia, il paesaggio non è mai solo davanti a chi osserva e neppure si osserva solo e sempre con lo sguardo. Ci sono altri modi di osservare, che ugualmente producono paesaggi. Potremmo dire semplicemente che si arriva all’appuntamento con il paesaggio portandosi dentro tante letture, idee, esperienze e concetti che guidano e talvolta forzano il nostro modo di vedere ciò che abbiamo davanti. Perché la verità è che un paesaggio è sempre fatto di un insieme di memoria e natura, di storie sedimentate dentro ciò che osserviamo almeno quando sono sedimentate dentro la nostra testa. La narrativa del paesaggio è scritta con parole e cemento, con il lavoro della penna e quello delle macchine, con le bombe delle guerre e con i manifesti delle pubblicità e dei proclami, ma anche con la forza delle piogge e la potenza dei cicli biochimici. La geografa americana Laura Pulido ha scritto che il paesaggio può imbrogliare facilmente l’osservatore nascondendo il come e il perché esso sia stato plasmato in quel modo dai poteri economici e politici; insomma, facendo diventare “naturale” ciò che naturale non è. È come se il paesaggio fosse popolato da fantasmi di luoghi e persone che non sono più, ma che nondimeno impregnano il tessuto profondo nel quale ci muoviamo. Pochi paesi come l’Italia hanno una straordinaria stratificazione di memorie inscritte nel paesaggio. Cosa cercano – e cosa hanno sempre cercato – i viaggiatori che attraversano la penisola? Arte, buona cucina, sole, centri storici, mare e panorami mozzafiato sono gli ingredienti che compongono l’immagine del Bel Paese. Tuttavia, troppo spesso si è guardato a quelle caratteristiche come parti indipendenti e non come a tasselli di un mosaico che si completano nell’insieme. Anche la nostra formazione universitaria è largamente pensata seguendo linee divisorie che se funzionano bene nelle nostre aule universitarie, sono invece molto meno nette nel paesaggio. Imparare a leggere il paesaggio come un insieme di memorie e natura è la sfida di nuovi ambiti disciplinari come la storia ambientale e le environmental humanities. In questo ciclo di incontri studiosi e studiose provenienti da differenti discipline ci porteranno per mano a scoprire aspetti inconsueti dei paesaggi italiani e a interrogarci sulle possibilità che nuovi approcci disciplinari possono portare per capire i nostri territori e imparare a con-viverci. Marco Armiero  


 


 

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