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Pasolini 100 – “Alchimie Sonore, Che cosa sono le nuvole?”

Concerto per flauto con brani di compositori contemporanei ispirati all’opera di Pier Paolo Pasolini.

Amour me amour di Alessandro Pace (1992) 

Ispirato alle poesie giovanili di Pier Paolo Pasolini. La scelta di utilizzare la lingua
friulana per la composizione poetica affonda le sue radici nel desiderio dell’autore di darle
una dignità artistica/letteraria valorizzandone la musicalità. Giovanna Marini, cantautrice e
ricercatrice etnomusicale e folklorista, ricorda del suo incontro con Pasolini la richiesta di
mettere in musica “La meglio gioventù” e le parole accalorate :«Guardati Amour me
amour, ricordati che questa è liquida. Valorizza tutti questi dittonghi!».
Ben altra sfida sarà valorizzare la lingua senza una parte vocale ma come diceva il poeta
“nella nostra lingua adamitica, il friulano, la parola è un suono”.

Clouds di Massimo Caturelli (1992) 

Il brano si ispira al cortometraggio “Che cosa sono le nuvole?”, riferendosi in particolare
al finale, in cui le marionette in punto di morte possono ammirare la “straziante,
meravigliosa bellezza del creato”.

Teorema su PPP di Emanuele Stracchi (1990) 

La composizione è ispirata al romanzo “Teorema” e all’omonimo film del 1968 di Pier
Paolo Pasolini. Fulcro della trama di “Teorema” è un fatto emblematico. Una famiglia
borghese viene scossa dall’arrivo di un enigmatico viaggiatore, il quale andrà a rompere
l’unità familiare ricomponendo nuovi equilibri nel finale; similmente, nel brano alcune
cellule ritmiche si ramificano continuamente, partendo dall’ordine stabilito nel
contrappunto sino al caos generato da un gesto sonoro per semitoni che irrompe in quanto
“Ciò che conta è ciò che è, e ciò che è, è ciò che appare”.

La voce del vento di Andrea Collacciani (1993) 

La solitudine è una condizione che faticosamente accettiamo. Uno stato d’animo che si
nutre di troppi pensieri opprimenti, insopportabili per l’uomo. “Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine”. Pier Paolo Pasolini inizia con questo verso la poesia “La
Solitudine” (Trasumanar e organizzar, 1971) affrontata dall’autore attraverso uno sguardo
malinconico del proprio vissuto e la forza nel contrastare il peso insostenibile del sentirsi
soli. Le lunghe camminate di Pasolini, circondato dal silenzio della natura e accompagnato
dal solo suono del vento.

Dall’orlo di un’età sepolta di Federico Di Santo (1984) 

1. La carne e il cielo
2. Contrappunto di citazioni
3. La morte del poeta

Il pezzo è uno schizzo, quasi un piccolo ritratto complessivo, della figura di Pasolini. Il
titolo riadatta un verso di una sua celebre poesia, recitata anche dal regista nel
mediometraggio La ricotta, e riassume la sua posizione “estranea” di fronte alla
contemporaneità. La prima sezione, La carne e il cielo (espressione di Pasolini stesso),
rappresenta la dicotomia tra vitalismo (popolo, eros, cibo…) e spiritualità (religione,
poesia) che anima la sua opera. La seconda è un contrappunto di citazioni tratte da musiche
a lui care. La terza, in forma di passacaglia, compendia in quadri successivi le scene della
sera in cui il poeta fu assassinato, quasi come le stazioni di una via crucis profana.

1/120: Antinferno Recitativo per quattro flauti di Valerio Lorenzo Giannella (1986) 

Il brano ha l’intento di riflettere sulle ipotetiche analogie tra la società contemporanea e
quella presente nella visione pasoliniana di De Sade (Salò o le 120 giornate di Sodoma,
1975), originando, con vari mezzi, un dialogo efferato tra musicista e pubblico, tra
carnefice e vittima.
“Non c’è nulla più contagioso del male.”

Fuga per quartetto di flauti dal girone delle manie di Gabriele Mercanti (1989) 

Con questo brano ho scelto di ispirarmi e di rendere omaggio al film di Pasolini Salò o le 120
giornate di Sodoma, riferendomi, in particolare, ad alcune scene presenti nel Girone delle
Manie. Mi sono ispirato a questa parte poiché rappresenta in maniera efficace quanto l’abuso
di potere possa arrivare ad umiliare e degradare non solo le vittime ma anche gli aguzzini.
La composizione è in stile di fuga; Pasolini ha spesso inserito Bach nei suoi film, compreso
Salò, e la fuga mi sembrava una scelta opportuna per omaggiarlo. Inoltre, mi piace pensare,
facendo un gioco di parole, che la fuga possa essere anche quella delle vittime, nonostante nel
film non potranno mai metterla in atto.

Ossimoro di Gabriele Blasco (1991) 

Ispirato a Pasolini, tra i più raffinati intellettuali dell’epoca ma partecipe della marginalità
urbana, appassionato narratore della vita ma lucido e furente critico dei vizi della società
dei consumi, protagonista della contemporaneità ma legato e sovente nostalgico della
civiltà contadina. Contrasti, opposizioni e contraddizioni che trovano una perfetta sintesi in
una breve vita dalla violenta ed enigmatica conclusione.

Segue rinfresco

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  • Organizzato da: Istituto Italiano di Cultura "C.M. Lerici"
  • In collaborazione con: Stiftelse "C.M. Lerici"