Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

Elena Mazzi – Silver Rights

“Nel XXI secolo ci siamo posti la sfida di recuperare il territorio
per recuperare la conoscenza, la nostra ideologia, filosofia e spiritualità…
l’arte dell’argenteria non fa eccezione”.

Mauro Millán, capo spirituale e argentiere Mapuche della comunità Pillan Mahuiza

 

Silver Rights è una mostra di Elena Mazzi ospitata dal museo ar/ge kunst di Bolzano dal’11 giugno al 31 luglio 2021. 

Realizzato in dialogo con il capo spirituale, argentiere, attivista Mapuche Mauro Millán e con l’artista argentino Eduardo Molinari, il progetto, del quale l’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma è partner, è stato reso possibile grazie al sostegno dell’Italian Council (VII Edizione, 2019), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

La stessa mostra Silver Rights sarà inoltre presentata alla Södertälje Konsthall dal 20 agosto al 2 ottobre 2021 e poi all’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires e alla BIENALSUR (Autunno 2021), prima di entrare a far parte della collezione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea di Torino.

La mostra presso ar/ge kunst è dunque la prima fase espositiva che segue l’approfondito processo di ricerca dell’artista in Patagonia da anni al centro delle lotte, rivendicazioni e recuperi del popolo MapucheSilver Rights si concentra sul legame ancestrale delle comunità con la terra (mapu) che è stato logorato e negato da forze colonizzatrici, mutate nei secoli per instaurarsi progressivamente negli ultimi decenni attraverso pratiche di chiara matrice neoestrattivista. Un processo di insediamento risultato della congiuntura di politiche di investimenti e accordi commerciali tra governi sud-americani e multinazionali straniere, tra cui l’italiana Benetton. Più specificatamente, le opere in mostra ed il display stesso rispondono alla narrazione proposta dal Museo Leleque: un museo di stampo antropologico aperto nel 2000 proprio sui territori di proprietà Benetton. Un’operazione ambigua che liquida il popolo dei Mapuche come estinto invece che vivo e attivo sul territorio conteso, “musealizzandone” memoria e cultura materiale.

Elena Mazzi affronta questa complessità entrando in dialogo, sostenendo ed incrementando quella fitta rete di relazioni che la comunità Mapuche tesse consapevolmente da anni: un modo di comprendere l’arte della diplomazia che da un lato implica la costruzione e il mantenimento di rapporti internazionali tra soggetti politici e culturali diversi, dall’altro si attua nelle loro cosmo-visioni come forma di mediazione radicale tra terra, esseri umani e “più che umani”.

Il nucleo centrale della mostra è composto da una serie di gioielli in argento lavorati dallo stesso Mauro Millán e disegnati insieme ad Elena Mazzi in seguito ad una serie di laboratori sulle nuove simbologie e lotte attuali, tenutisi con numerosi membri della comunità. “Il retrafe (l’argentiere) aiuta a unire la dimensione collettiva con quella individuale, con il fine ultimo di nutrire il collettivo” scrive Millán nel suo contributo al libro che accompagna il progetto, e continua: “l’argenteria mapuche è la sintesi di tutti i bisogni collettivi e l’espressione tangibile di una lunga e permanente conversazione tra gli antenati e i vivi del mapu“. 

I gioielli sono anticipati nel percorso espositivo da un’installazione realizzata da Elena Mazzi ed Eduardo Molinari in cui una precisa composizione di immagini su carta e tessuto sono accompagnati da un percorso audio in cui quattro episodi. Si tratta di quattro storie brevi scritte collettivamente (con Enrica Camporesi) con un approccio speculativo che ha permesso di intrecciare fatti documentati, tradizione orale e sogno: la lunga storia di violenze compiute da personaggi storici come il generale Julio Argentino Roca, introduce all’attuale lotta contro le espropriazioni e delocalizzazioni conseguenza delle ambizioni di “imprenditori avventurieri” come Carlo Benetton o Joe Lewis. Le voci della “Montagna” così come quella di esseri e spiriti animali che appartengono alla cosmologia mapuche, fa emergere la disparità nel modo di occupare quelle terre e la radicale incomprensione alla base di certe scelte come l’instaurazione del Museo Leleque stesso.

Si tratta di una “messa in mostra” – supportata dall’allestimento disegnato da Alessandro Mason (Studio Gisto) – che vuole reagire consapevolmente alla narrazione museologica del Leleque, e situa quindi i gioielli all’interno di una costellazione di riferimenti ed informazioni indispensabili alla loro presentazione pubblica. Un dispositivo che è forma di cura e rispetto verso questi artefatti portatori di saperi e spiritualità ancestrali e che al contempo rivela l’impatto delle compagnie internazionali in Patagonia: una massiccia privatizzazione dei territori ricchi di materie prime e risorse comuni, tra cui l’acqua, la conseguente dislocazione delle comunità indigene e il progressivo logoramento dei loro diritti civili, sociali e politici.

Silver Rights è accompagnata da un libro pubblicato Archive Books (Berlin) ed edito da Elena Mazzi con Emanuele Guidi e con contributi di associazione YaBasta! Êdî Bese!, Riccardo Bottazzo, Leandro Martínez Depietri, Emanuele Guidi, Elena Mazzi, Mauro Millán, Eduardo Molinari, Ana Ramos, con design di Archive Appendix. 

Partner del progetto: comunità Mapuche di Pillan Mahuiza, Lago Rosario, Cushamen, YaBasta! Êdî Bese!, Istituto Italiano di Cultura Stoccolma, Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires e Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, Contemporary Art Archipelago (CAA), Södertälje Konsthall, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, BIENALSUR, [N.A!] Project, Radio Papesse.

Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) dopo gli studi presso l’Università di Siena e lo IUAV di Venezia, ha trascorso un periodo di formazione al Royal Institute of Art (Konsthögskolan) di Stoccolma. Partendo dall’esame di territori specifici, nelle sue opere rilegge il patrimonio culturale e naturale dei luoghi intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali, nell’intento di suggerire possibili risoluzioni del conflitto uomo-natura-cultura. La sua metodologia di lavoro, vicina all’antropologia, privilegia un approccio olistico volto a ricucire fratture in atto nella società, che parte dall’osservazione e procede combinando saperi diversi. Le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive, tra cui: Whitechapel Gallery di Londra, BOZAR a Bruxelles, Museo del Novecento di Firenze, MAGA di Gallarate, GAMeC a Bergamo, MAMbo a Bologna, AlbumArte a Roma, Sonje a Seoul, Palazzo Ducale a Urbino, Palazzo Fortuny a Venezia, Fondazione Golinelli a Bologna, Centro Pecci per l’arte contemporanea a Prato, 16° Quadriennale di Roma, GAM di Torino, 14° Biennale di Istanbul, 17° BJCEM Biennale del Mediterraneo, Fittja Pavilion durante la 14° Biennale d’Architettura di Venezia, COP17 a Durban, Istituto Italiano di Cultura a New York, Bruxelles, Stoccolma, Johannesburg e Cape Town, Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Ha partecipato a diversi programmi di residenza in Italia e all’estero ed è vincitrice, tra gli altri, di Cantica21 promosso dal Ministero degli Esteri e dal Ministero della Cultura, del XVII Premio Ermanno Casoli, Premio STEP Beyond, Premio OnBoard, VISIO Young Talent Acquisition prize, premio Eneganart, borsa Illy per Unidee, Fondazione Pistoletto, nctm e l’arte, premio Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, premio C.M. Lerici Foundation.

  • Organizzato da: ar/ge kunst
  • In collaborazione con: Istituto Italiano di Cultura Stoccolma